Guglia a cura di Ghislain Mayaud
dal 14 al 28 febbraio 2015
Artisti presenti Caterina Arcuri, Angela Barbera, Renata Boero, Anna Boschi, Lucilla Catania, Daniela Cignini, Luce Delhove, Matilde Domestico, Erelin, Ombretta Gazzola, Fiorentina Giannotta, Athina Ioannou, Adele Lotito, Elena Diaco Mayer, Luisa Mazza, Daniela Monaci, Lucia Nazzaro, Silvia Pujia, Cloti Ricciardi, Fiorella Rizzo, Martina Roberts, M.Levo Rosenberg, Lucia Rotundo, Mirella Saluzzo.
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Bilobilobilobilobilo blum! Filofilofilofilofilo flum! Bilolù. Filolù. U. Aldo Palazzeschi
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Inaugurazione della mostra
Dopo
l’inconfutabile trionfo del viaggio di U Panaru, partorito negli
spazi di Vertigoarte, per proseguire nel Palazzo comunale di Santo
Stefano di Rogliano, all’Università Mediterranea di Architettura di
Reggio Calabria e approdare definitivamente al Museo Roberto Bilotti di
Rende, nasce GUGLIA. Discendente dall’osso, dalla punta del chiodo, in
piena attività ancora prima della scrittura, la ritroviamo nella sua
nobile pienezza a vestire la Primavera di Alessandro Filipepi,
detto Sandro Botticelli, e le quaranta opere di Jan Vermeer. L’ago
dell’orologio punge e cadenza il ricamo del tempo, suona l’ora del
cucito per una ventina di artiste pronte a sradicare dal dizionario
l’ago. Dalla borbonica aiguille alla siciliana ugghia, la
parola guglia compatta le opere di Alberto Burri. Il musicale
filofilofilofilofilo attraversa la cruna dell’asticciola. Dal
latino, acucula, abbreviato in acus e in seguito in
acuto, il vocabolo prende lentamente forma sulla tela. Un supporto
di 30 x 30 cm, con tecnica a scelta, ritma il futuro artistico della
GUGLIA. GUGLIA Suona l’ora di Bilolù Filolù! Due neri aghi dell’orologio solare pungono l’augurio di E. Diaco Mayer: Abbi ore serene. Discendente dalla punta del chiodo e delle viti con L. Catania, la Guglia riguglia di M. Levo Rosenberg taglia e ritaglia verdi azioni per offrirle come piante al respirato futuro. È L’ago della memoria delle ombre specchianti in F. Rizzo; sono le sacre e fontaniane ferite ritmate in Attraversamenti con M. Saluzzo. Dal dorato filo delle fiorite ore in Attesa di L. Rotundo, dal cavo cucito sulle fredde Tracce di O. Gazzolo, scorre un janussiano silenzio attraversato da C. Arcuri. È Guglia d’inverno: il bianco giaccio di L. Mazza ricama cubi di paesaggi polari dove la negata libertà con “I would prefer not to” di D. Cignini congela la Guglia(ta) Bartleby. In Per la cruna di un ago, scivola da una finestra la bianca corda di S. Pujia. Si supera il dramma Maya, fucilato e cucito dai fili metallici della Storia come annota A. Ioannou. Dietro le parole… ma ho perso il filo del discorso di A. Boschi alfabetizza triangolari superfici di giornali per sradicare la parola guglia. Tra la borbonica aiguille e la siciliana ugghia, A. Barbera, in Lingua cucita, maschera un pudico dialogo sotto lo sguardo vigile del gatto. In Cruna del logos, afferrato per la mano da A. Lotito, il musicale filofilofilo attraversa la simbolica fessura. Dal foro sorgono, su coloratissimi rettangoli, visi contornati dal filo amaro guidato da Erelin. Dal latino acucula, abbreviato in acus e in acuto, il vocabolo prende forma sulle facciate della Sagrada, omaggio a Gaudì provocato da M. Roberts è un dovuto. Dall’abissale cruna sorge, sorridente nel nascere, l’autoritratto di C. Ricciardi. La confezione per aghi aspetta le Tessiture di L. Delhove accatastate nelle nobili trasparenze. Nel magma autunnale, fra Tracce o Impronte arrugginite, R. Boero nasconde la guglia mentre Piccola via d’uscita per grandi infedeltà di L. Nazzaro, occulta la romantica morte della lealtà. Con La mola, M. Domestico buca lo spolvero per affrescare la città. Muto, sarà L’imperfetto corredo di Marianna Ucria, cucito da F. Giannotta, a rincuorare le sottili anime imbiancate da D. Monaci. Ghislain Mayaud |